Google+ CEREBRO Lo Stanzone Rotondo: A ciascuno la sua "GEN".

mercoledì 30 luglio 2014

A ciascuno la sua "GEN".

Personalmente non sono un grande giocatore e le mie conoscenze sono molto limitate. 
Ho capito però che esistono 3 caratteristiche fondamentali (in generale) che caratterizzano i videogiochi:

LA GIOCABILITÀ

LA GRAFICA

LA STORIA

Con l'evoluzione delle piattaforme da gioco, partendo da quella che fu la mia prima consolle, ovvero l'Atari 2600, sino ad arrivare all' attuale Playstation4, l'idea stessa di gioco si è evoluta passando e talvolta soffermandosi su quelle che sono appunto le proprietà' fondamentali di cui sopra.



Non si pretende di fare combaciare tutti e tre questi aspetti in un unico gioco ma c'è da dire una cosa: in ogni generazione ci sono stati titoli memorabili che coinvolgevano i giocatori in maniera sensibile.

Ad esempio: chi non conosce Pac-man? È un gioco molto semplice formato da un labirinto, il protagonista e i nemici. Ma provate a chiedere ad un giocatore dell'epoca, che probabilmente ora sarà un allegro cinquantenne, la storia di background del personaggio o del gioco stesso. 
La risposta sarà lo scopo del gioco, ovvero schivare i fantasmi, raccogliere le palline, collezionare la frutta, passare di livello in livello, fare il punteggio più alto e guadagnare vite. Ma del perché esiste e come mai il protagonista si trova in un labirinto con dei fantasmi non se ne ha la minima idea e non interessa. È solo un gioco.

I puntini più gustosi mai mangiati.
Un'altro titolo che ricordo è River Raid: bisognava pilotare un velivolo tra le sponde del fiume distruggendo, o al massimo schivando i nemici che si incontravano lungo il percorso: navi, elicotteri e quelli che potevano apparire come aerei di linea. Scopo del gioco? Fare punti! Niente di più semplice. Piaceva tanto, probabilmente, perché trattava un argomento come la GUERRA e attirava i giocatori dell'epoca perchè dava la possibilità di sdrammatizzarla attraverso una cloche.
Per come la vedo io è un ulteriore sistema di condizionamento mediatico. Ma questa è un'altra storia ;)

I temi che venivano trattati in un videogioco dell'epoca non erano molti, però ricordo, dato che nella mia famiglia siamo sempre stati appassionati di fantascienza, che la maggior parte dei titoli in nostro possesso avevano a che fare con gli extraterrestri.
Avevamo un bel gioco in particolare in cui si controllava un Moon Rover sulla superficie di un pianeta rosso e lo scopo era quello di schivare, semplicemente saltando, dei crateri creati da strani U.F.O. che potevano essere dischi volanti oppure tre palle luminose disposte a triangolo. Proprio quelle strane figure che, già allora, molti dichiaravano di aver avvistato!

Passano gli anni e migliorano le consolle. 
Si affacciano sul mercato le macchine a 16-bit.

Un gioco che non dimenticherò mai è Bloodshot: il primo sparatutto in prima persona a cui ho giocato.
Adesso abbiamo una storia che precede il gioco e ci spiega cosa dobbiamo fare. In questo caso farci strada in ennesimi labirinti, trovare chiavi per aprire porte, eliminare i robot alieni prima che siano loro a fare fuori noi e, infine, giunti al termine del labirinto, distruggere il nodo energetico. Basta? Col cavolo! 
Bisogna tornare al punto di partenza per l'estrazione!
Bello e per me anche spaventoso visto che avevo 7 anni ed ero facilmente impressionabile.
I nemici, in particolare, facevano dei versi inquietanti quando apparivano e ricordo che spesso spegnevo la consolle dalla paura.

Call of Duty fammi una pippa

I videogame quindi, erano il mio passatempo per eccellenza.
Come molti però, non potevo permettermi di rimanere aggiornato con le ultime uscite.
Continuavo a giocare con il Sega Mega Drive II quando tutti i miei amici erano passati a Sony PSX
Ricordate lo stupore nel vedere la grafica di Ridge Racer o di Tomb Raider
Quando ricevetti la PlayStation io, sempre appassionato di navi spaziali e alieni vari, giocavo a Blast Radius che ad oggi ritengo sia uno dei giochi migliori dell' era 32-Bit.

Gioco spaziale in tutti i sensi!

Con il passare del tempo le Software House crescono e migliorano i loro prodotti stando bene attente ad essere sempre più all'avanguardia rispetto alle loro concorrenti.

I vecchi giochi ci insegnano che non importa di quanti milioni di pixel sia fatto il tuo schermo, con pochi quadratini riuscivano ad appassionare giocatori di tutte le età.
Quanto era bello invitare gli amici per sfidarli in gare a tempo o a chi faceva il punteggio più alto?
Le piattaforme da gioco diventano sempre più potenti e veloci.
I videogame, con il passare del tempo, andranno sempre migliorando dando la possibilità di raccontare storie che, inventate o tratte da fatti realmente accaduti, ci insegnano valori come il rispetto, lealtà, fratellanza, pace etc. 

Insomma delle vere e proprie opere videoludiche.

Purtroppo ci sono anche giochi buttati lì solo per essere venduti.
Negli occhi di chi li compra si può vedere l'entusiasmo di chi ancora non sa a cosa sta andando incontro. 

Alcune Software House creano giochi concentrandosi più sull'aspetto grafico e tralasciando talvolta il punto fondamentale: IL GIOCO; che diventa banale, facile, scontato.

Ovvio, per elaborare un capolavoro videoludico servono tempo e risorse. Con i produttori che ti stanno con il fiato sul collo diventa tutto più difficile. Hai una scadenza e la devi rispettare. 
Il risultato spesso non interessa neanche ai produttori stessi.

L'importante è vendere. 
Che sia fumo, merda o tutti e due insieme, interessa solo guadagnare, sfiorando il rischio di mettere sul mercato un flop.

Adesso siamo nell'epoca dei achievements!
All'interno dei giochi vengono inseriti degli obbiettivi che, una volta portati a termine, permettono lo sblocco di trofei che vengono memorizzati nel proprio profilo e visualizzati da tutti gli utenti a cui siamo collegati. 
Ma in realtà a cosa servono? 
A far giocare e a tenersi un gioco di cui la trama principale, missioni secondarie comprese, dura 2 ore e che altrimenti verrebbe rivenduto il giorno stesso dell'acquisto! 

Giochi sempre più corti con aggiunta di multiplayer online anche dove non ce n'è bisogno. Tutto pur di ritardare l' arrivo del gioco sugli scaffali dell' usato di Gamestop.

I giocatori old school hanno sviluppato il senso di sfida.

Non ci si fermava alle prime difficoltà! I giochi di una volta erano difficili
Passati i primi livelli, una volta presa dimestichezza, iniziava la vero gioco. 
Adesso invece è tutto molto più facile grazie anche all'utilizzo di checkpoints per poter riprendere in ogni dove qualunque volta si voglia. 
Morire e ricominciare da capo era la vera sfida. 
Che soddisfazione quando riuscivi a passare livelli/mondi e così via ! 
Invece, al giocatore NEXT GEN, non importa di tutto questo.

Non riesco?
Vado a cambiarlo con un altro, inoltre, scrivo una recensione dicendo che questo gioco è una merda così nessuno lo compra. 

E le case produttrici, di conseguenza, creano giochi molto semplici che trattano argomenti importanti ma con sempre meno gameplay.
Belli a livello visivo.
Praticamente dei film interattivi.

Poi ovvio, fortunatamente ci sono delle eccezioni.

Faccio l'esempio di Dark Souls, che per ora è uno dei pochi titoli a cui ho giocato che posso definire completo: grafica accettabile con buone animazioni, giocabilità eccellente che con quattro tasti ti fa fare tutto, difficile a tal punto che ogni volta che muori scrivi una bibbia di bestemmie e con una bellissima storia che.... non c'è!
O meglio, devi andartela a cercare in ogni oggetto, arma, vestito o pietra che trovi e che, proprio come tanti tasselli di un puzzle, una volta messi insieme ti faranno entrare nel mondo di Lordran: il mondo di Dark Souls.

Morire non è mai stato così divertente.
Insomma i videogiochi di oggi sono come tanti vasi di Pandora : a volte aprendoli si scopre il Paradiso, altre invece liberano dei Mostri Affamati.
Mostri a cui paghiamo 70 euro per mangiarci.

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